Psycho di Alfred Hitchcock
- 3 nov 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 17 lug 2024
Anno: 1960
Regia: Alfred Hitchcock
Sceneggiatura: Joseph Stefano,
Basata sul romanzo omonimo di Robert Bloch
Fotografia: John L. Russell
Scenografia: Joseph Hurley e Robert Clatworthy
Musica: Bernard Herrmann
Montaggio: George Tomasini
Consulenza artistica e titoli: Saul Bass
Effetti speciali: Clarence Champagne
Ass. alla regia: Hilton A. Green
Durata: 109'.
Interpreti: Anthony Perkins (Norman Bates), Janet Leigh (Marion Crane), Vera Miles (Lila Crane), John Gavin (Sam Loomis), Martin Balsam (Milton Arbogast), John Mclntire (sceriffo Chambers), Lurene Tuttle (Mrs. Chambers), Simon Oakland (dr. Richmond), Frank Albertson (Cassidy), Patricia Hitchcock (Caroline), Vaughn Taylor (George. Lowery), Mort Mills (agente della stradale), John Anderson («California Charlie»), Virginia Gregg, Paul Jasmin e Jeannette Nolan (voce della signora Bates, nella versione originale, N.d.T.).
Produttore: Alfred Hitchcock.

Il decennio si apre con il suo maggior successo di pubblico, Psyco (Psycho, 1960), dove la storia di un pazzo (Norman), con implicazioni freudiane, affetto da sdoppiamento della personalità, complesso d'Edipo e voyeurismo, che uccide i clienti del suo motel - la scena dell'omicidio della doccia col suo frammentatissmo montaggio è una delle più celebri dell'intera storia del cinema per la sua efferata e stilizzata violenza -, sullo sfondo della provincia americana rappresentata in pochi tratti significativi, è anche la storia, tradotta in termini di suspense, della nostra insicurezza, della paura dell'uomo contemporaneo in una società sempre più violenta.
Il bianco e nero e la censura
Il film è stato girato e proiettato sul grande schermo facendo uso del bianco e nero, nonostante il colore fosse arrivato al cinema già da decenni. Sebbene in molti, all'inizio, avessero ricercato la motivazione di questa scelta in uno stile preciso ricercato dal regista, Hitchcock optò per il bianco e nero per una ragione pratica. Il bianco e nero fu necessario perché durante la famosa scena dell'omicidio nella doccia la macchina da presa insisteva sul dettaglio del sangue che veniva risucchiato dallo scolo. Se il film fosse stato girato a colori, ci sarebbero stati problemi di censura, che all’epoca non permetteva di mostrare il colore del sangue

Una scena analizzata
Marion, la busta e la valigia. Marion, uscita dall'ufficio dove lavora con quarantamila dollari da depositare in banca per conto del direttore, sta preparandosi a fuggire con i soldi, andando così incontro al suo tragico destino.
Hitchcock ragiona con grande semplicità. Le idee da rappresentare sono: la partenza, i soldi, la relazione di Marion con questi. E allora: la busta, la valigia, l'ossessivo sguardo di Marion verso la busta, il suo vestirsi rapido e automatico, l'armeggiare delle sue mani attorno alla valigia e alla borsetta. La sequenza è tutta qui, in questa frantumazione governata dall'economia drammatica complessiva. La prima inquadratura - un complesso movimento di dolly, carrello e panoramica che ci porta dalla figura intera di Marion al dettaglio prima della busta e poi della valigia - è un piccolo capolavoro di questa semplicità congiunta a una buona dose di esprit de finesse.
I tre protagonisti dell'azione scenica sono racchiusi e congiunti nella stessa unità, quella di un’unica inquadratura. Nello stesso tempo, tuttavia, sono anche separati, non sono mai presenti contemporaneamente: è il movimento di macchina a scoprirli uno dopo l'altro; ed e il medesimo movimento a portarli, l'uno dopo l’altro, fuori campo. In questa contraddizione, in questo unire che nello stesso tempo è dividere, è racchiuso tutto il senso della scena: il tormento di Marion, la sua esitazione, la paura. E solamente l'ultima inquadratura scioglie finalmente tutti i suoi dubbi, congiungendo “fisicamente” i tre protagonisti.
Presentati gli attori del dramma, il resto della scena è determinato dal meccanismo dello sguardo, che stabilisce un legame sempre più stretto tra Marion e il denaro. Le tre soggettive della busta scandiscono il ritmo della sequenza, ripartendola in quattro blocchi di durata analoga (rispettivamente circa 25", 27", 31" e 29). Nello stesso tempo, questi sguardi costruiscono anche una trama, che fa della busta il vero principio ordinatore dello spazio dell'ambiente: la busta catalizza lo sguardo di Marion, e così facendo diventa il vero e proprio omphalós della stanza, il suo centro ordinatore e immoto, un luogo da cui si sviluppa energia. Il modo con cui Hitchcock rappresenta lo spazio, del resto, è una vera lezione di come il montaggio possa costruire I' «illusione di realtà»: niente totali o panoramiche descrittive, lo spazio viene riprodotto passando attraverso la sua completa frantumazione.
La sequenza si compone di una serie di mezze figure, primi piani (piuttosto abbondanti) e dettagli, racchiusi tra una figura intera all'inizio e un piano americano alla fine; non v'è uso
di grandangolari. I numerosi e complessi movimenti di macchina svolgono una funzione drammatica e non descrittiva: seguono e sottolineano l'azione della protagonista. Le inquadrature sono raccordate in parte sui movimenti dell'attrice, ma soprattutto intercalando i dettagli degli oggetti. Ma questo spazio, così frantumato, ha un centro: la busta con i quarantamila dollari.
La stanza si trasforma in tal modo nel luogo geometrico delle linee di tensione che si convogliano verso di essa: forze di tensione rappresentate dagli sguardi di Marion verso la busta stessa, sguardi che divengono così le vere coordinate attraverso le quali lo spazio rettangolare della stanza viene riprodotto. Ciò che rende possibile creare questa sensazione è precisamente il fatto che le tre inquadrature sono soggettive: sono perciò inquadrature che stabiliscono un legame evidente e stretto tra l'oggetto e il personaggio, facendone i due «attori» principali dell'azione che si sta consumando. Come accade per lo spazio - che viene ordinato come luogo geometrico che ha al centro la busta - così avviene anche dei personaggi e degli oggetti in scena, che vengono inseriti in una gerarchia di importanza a seconda che abbiano o non abbiano a che fare con la busta stessa. È in questo modo che Hitchcock fornisce all'oggetto una vera e propria esistenza, quasi una capacità volitiva.
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https://www.ondacinema.it/film/recensione/psyco_hitchcock.html#:~:text=È%20lapalissiana%20la%20neces
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